Gosia ha iniziato la sua presentazione commentando che un monumento funebre a Grantham per Sophia Brownlow ci ricorda che i lavori e l’ingegno di Canova arrivarono in tutta l’Europa. Nato a Possagno (1757), il piccolo ‘Tonin’ rimasto orfano del padre a 4 anni, è elevato dall’austero nonno paterno. Il futuro del giovane è assicurato da Giovanni Falieri, nobile veneziano, che nota il talento di Tonin e arrangia il suo apprendistato a Venezia con lo scultore Torretti. Lì fa amicizia con Antonio d’Este che sarà l’appoggio e l’agente di Tonin e scriverà le ‘Memorie di Antonio Canova’. A questi anni appartiene La canestra di frutta in creta.
A 22 anni Antonio parte per Firenze per vedere le meraviglie rinascimentali e lì l’ambasciatore veneziano gli accorda uno studio e l’alloggio. Dedalo e Icaro è frutto di questo soggiorno. Il 1778 è il momento della scoperta di Ercolano di Winkelman che insiste sulla semplicità e perfezione della scultura, canoni del Neoclassicismo. Questo stile è evidente nella Tomba del Papa Clemente XIV. Trasferitosi definitivamente a Roma, Canova se stabilisce in Via delle Collinette. Lì crea nuovi attrezzi per lavorare il marmo. Il lavoro di misurazioni e proporzioni è faticoso; l’ambiente è animatissimo con gli aiutanti, i modelli, i client e i turisti. Gli Amorini e Le Tre Grazie sono lavori tipici di questo periodo.
Durante gli anni difficili delle guerre napoleoniche Canova diventa diplomata, ispettore delle arti e consigliere di Napoleone e fa un nudo Napoleone che finisce a Apsley House, casa di Wellington.
Canova non dimentica mai Possagno dove crea a proprie spese il Nuovo Tempio (1818). A Possagno c’è pure la Gyposteca che custodisce copie delle sue opere. Canova si lega affettuosamente con il fratellastro Giovanni Battista Sartori Canova.
Canova si ammala nel 1822 a causa dei danni alle costole inflitti dal trapano e muore a Venezia.
Grazie Gosia di una ricca presentazione di un uomo singolare e schietto che diede tutto all’arte.